Emme Rossa

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La tragica estate del 1944

Episodi

Luglio: uccisioni in tutta la Provincia  

Villa Arrigona a San Giacomo delle Segnate

Massacro di Ciano - Massacro in Piazza Grande

Uccisione di Nannini e Massacro di Carpi  -

Montese - Soliera: Gasparini e altri 7 fascisti -

ll partigiano Armando

Uccisione del sindacalista Rampini

La tragica estate del 1944

L'estate del 1944 è forse il periodo, di tutta la guerra civile, se si escludono le stragi del dopoguerra, più tormentato e nel quale, su tutto il territorio della Provincia modenese, dalla montagna alla pianura, attentati, fucilazioni, rappresaglie si susseguono in una "escalation" incredibile; spaventosi eccidi vengono effettuati dalle truppe tedesche completamente imbestialite dallo stillicidio continuo di agguati ed uccisioni e dalle incursioni delle bande partigiane, che dopo lo smacco subito a Montefiorino cercavano di portare la violenza della guerriglia, quasi debellata in montagna, nelle zone della "bassa" che, sino a quel momento, non era ancora entrata nell'occhio del ciclone e dove si erano verificati solamente alcuni attentati a fascisti per lo più isolati e dove ancora le ritorsioni non avevano raggiunto la ferocia di certi episodi già avvenuti in montagna. L'estate dunque, porta la guerra civile nella forma più spietata anche in pianura: la lunga serie di attentati alle fabbriche, alle ferrovie, alle colonne militari e all'uccisione di decine e decine di fascisti tra i quali il Console della Milizia Filiberto Nannini, del Direttore del settimanale "Valanga Repubblicana", Corrado Rampini oltre ai moltissimi ufficiali e soldati tedeschi, si risponde con le fucilazioni di Cibeno, d’Ospitaletto di Marano, di Ravarino, di Rovereto, di Novi e di Carpi.

E' un vero e proprio massacro generale: i partigiani sentivano l'avvicinarsi delle truppe angloamericane, la conquista di buona parte del centro Italia faceva supporre che la catena appenninica sarebbe stata superata entro l'estate. Ma la resistenza tedesca e fascista era ancora tenace e fortissima e nelle retrovie a far le spese di questo tremendo braccio di ferro tra le due fazioni in lotta, erano le inermi popolazioni sottoposte ad ogni tipo di vessazione sia dai partigiani, sia dai tedeschi e dai fascisti.

Della tremenda sequela di lutti e vendette che hanno costellato questo triste periodo, cerchiamo di darne uno squarcio, attraverso le pagine della stampa comunista per evidenziare con quali sistemi era condotta la guerriglia partigiana e come tante azioni fossero predisposte con il preciso piano organizzativo del PCI, per creare le ritorsioni.

Nell'enfasi del racconto resistenziale, nella limitatezza descrittiva per cercare di fare apparire a tutti i costi l'avversario, solamente uno spietato e brutale aguzzino, (infatti i fascisti sono solamente traditori e spie e le azioni delle bande partigiane si rivelano delle perfette azioni militari e l'onestà e la correttezza dell'azione, la bontà della "giustizia" è ovviamente da una sola parte) non si accorgono, questi "storici" a senso unico, di mettere in luce quel che per tanti anni tenevano nascosto. Dalla lettura di alcune pagine stralciate dalle "loro storie" e che prenderemo in esame, il lettore, che non abbia già subito il lavaggio del cervello della martellante propaganda comunista, durata cinquanta anni, potrà rendersi conto che la "brutalità" nazi-fascista non era poi tanto diversa dalla "giustizia" di chi combatteva lo spietato "moloch" che sino ad oggi hanno descritto.

Vediamo dunque una serie di "pregevoli" azioni partigiane:

 "Dalla fine di Luglio fu soprattutto un ininterrotto appostarsi notturno di gappisti - spesso in collaborazione con sappisti - sulle strade, con decine e decine di attacchi agli automezzi tedeschi e fascisti. Poiché di giorno essi rischiavano il martellamento da parte dell'aviazione alleata, avevano deciso che gli spostamenti si effettuassero di preferenza nella notte ma incapparono, appunto nella vigilanza partigiana....si registrarono par Luglio, tutto Agosto e per i mesi successivi, decine e decine di attacchi ad autovetture ed autocarri, che molte volte portarono a vivaci scontri a fuoco, con talora qualche ferito da parte partigiana per lo più senza perdite dei patrioti, mentre assai spesso sono gli automezzi nemici a rovesciarsi nei fossati ai lati della strada. E' constatato subito dopo l'attacco o il giorno successivo, un certo numero di morti e di feriti tedeschi e fascisti."(1)

 E a commento di queste "perfette azioni militari", basate sulla tecnica del "colpire e fuggire" che noi, forse con maggiore obbiettività, chiamiamo agguati ed imboscate, nella storiografia partigiana, viene anche descritta la tecnica usata:

 “L’attacco ai convogli veniva effettuato con 5 persone. Una staffetta veniva sistemata a circa 150 metri. Quando arrivava un camion o una macchina di notte(..) ce lo segnalava. Gli altri quattro uomini erano appostati (dietro a una siepe o dentro un fosso); due affiancati a 150 metri dalla staffetta un altro dopo dieci metri, il quarto dopo altri 10-15 metri. Come il camion si avvicinava, i primi due, se si trattava di automobile rafficavano nella cabina, se di camion rafficavano uno nella cabina, uno nel cassone .  Indiscutibilmente l'automezzo sbandava e (anche se il conducente era morto) andava avanti almeno una decina di metri, finendo presso il partigiano armato di bombe a mano che se ne serviva abbondantemente. L'ultimo era di riserva in caso fosse necessario un ulteriore intervento a mitra o bombe a mano."(2)

 Il testo prosegue con un altra serie di "eroiche azioni" che riteniamo opportuno proporre ai lettori per dimostrare che quanto poi andiamo a raccontare nella parte cronachistica non è frutto di nostre invenzioni o di sole testimonianze di parte fascista, anche perché la quasi totalità dei documenti, delle testimonianze e delle pubblicazioni è, purtroppo, quasi esclusivamente di parte resistenziale.

 "Tra i tanti episodi, ricorderemo gli attacchi del 12 Agosto a Sozzigalli e Quartirolo a due automezzi tedeschi che vengono messi fuori strada, con un tedesco ucciso, un ufficiale ed un soldato feriti; del 14 Agosto ancora presso Sozzigalli, con morti e feriti nemici; dello stesso 14 agosto presso Campogalliano; del 15 a Ponte Nuovo di Santa Croce, con un colonnello ed un capitano uccisi e due soldati feriti; del 17 a un autocarro presso Novi; del 18 da parte dei Gap 27 a Fossoli contro una vettura ed un autocarro, con un intenso scontro a fuoco durante il quale veniva ferito un partigiano; dello stesso 18 da parte dei gap 34 sulla strada Modena-Carpi con un violento scontro durante il quale rimaneva ucciso un partigiano e venivano uccisi due tedeschi ed uno restava ferito; del 20 presso San Prospero ad una colonna di tre macchine, con un ufficiale tedesco ucciso e sette soldati feriti; del 22 presso Quartirolo da parte dei gap 28, con quattro nemici feriti; del 25 presso Fossoli da parte dei gap 40 e del 29 nella stessa località da parte dei gap 21.

Proseguirono pure, come era di dovere, i colpi contro i caporioni ed aguzzini, i traditori, le spie. Il 5 Luglio i gap 2 e 23 attaccavano presso Gargallo una vettura su cui transitavano i tristemente noti gerarchi repubblicani Foroni, Nellusco Gasparini e Rapieri, che risposero al fuoco e riuscirono a fuggire. Più di una volta appostamenti ed incursioni nelle case di scherani fascisti non portarono all'esecuzione decretata perchè costoro riuscivano a fuggire o non si trovavano in casa, ma spesso in tal caso, i gappisti tornavano però con un certo bottino di armi. Ma la giustizia popolare finiva comunque, presto o tardi, per colpire. Così Alvise Foroni, sfuggito al primo attentato, fu fatto fuori il 12 Luglio insieme con la sua amante e complice Olga Corradini. Il 10 Luglio un altro squadrista aguzzino era stato giustiziato ad Albone di Campogalliano. il 15 Agosto è invece la volta di un altro truce individuo, il colonnello (console) della milizia Nannini."(3)

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 In questo brano si compendia tutta la cattiveria e l'arroganza di certa partigianeria: i fascisti, secondo il loro copione, vengono sempre gratificati di appellativi quali, traditori, spie, aguzzini, truci individui, e la "giustizia popolare" trionfa sempre, tacendo, nel contempo, che il Console Nannini venne assassinato in modo vigliacco in uno stradello di campagna alla periferia di Carpi mentre in bicicletta, assieme alla moglie ed al figlioletto in tenerissima età, che teneva in braccio e che venne ferito, stava ritornando dalla scampagnata ferragostana. Vedremo in seguito quali tristi conseguenze abbia portato quella sorta di "giustizia" partigiana.

Ma nello stesso modo vogliamo sottolineare come  questi "ribelli" trattassero i loro prigionieri, sempre attraverso le "storie" da loro stessi raccontate e messe in bella mostra come avessero compiuto gesta eroiche:

 "Bruschi Ermanno..gli ultimi due mesi, prima della liberazione, li passò a Paganine. Solo e temerario, egli condusse fino alla fine la sua lotta personale contro tedeschi e fascisti. Aveva preso l'abitudine di andare a caccia di uomini. Un giorno durante una di queste cacce, s'imbattè in un tedesco, un graduato; lo sopraffece e lo consegnò da custodire ad un mezzadro. Alla sera un gruppo di noi andò a prelevarlo per fucilarlo. Eravamo tutti di Paganine: Nascimbeni Rolando, Torri Athos, Gibellini Onorio, Gibellini Zorro, Benedetti Luigi ed io. (Prandini Vittorio)

Senza nemmeno legargli le mani lo portammo in un podere a circa 2 Km, dove il mezzadro aveva già scavato la fossa. Ricordo che c'era l'erba, era quindi primavera e che l'erba era bagnata. Quando arrivammo sul posto  lo mettemmo vicino ad un albero per sparargli. A questo punto accadde qualcosa che non dimenticherò mai: l'episodio è rimasto in mè come il senso stesso della guerra, degli orrori che porta con se e della degradazione che opera nelle coscienze di coloro che ne sono coinvolti. Quando fummo per sparare al prigioniero, cominciammo a litigare tra noi, a darci spintoni, c'incattivimmo, perché ognuno voleva essere lui a sparare. Il tedesco non capiva l'italiano, ma sapeva che sarebbe stato ammazzato, che per lui non c'era scampo e vedeva anche lo squallido spettacolo che offrivamo; allora gridò "Heil Hitler" e tentò la fuga: Nel buio lo perdemmo di vista, ma qualcuno di noi sparò una raffica di mitra e lo colpì a caso. Un altra raffica lo finì."(4)

 Non c'è alcun bisogno di commento: ma dallo stesso autore stralciamo un altro brano significativo:

 "L'esercito tedesco era in ritirata. (erano stati catturati dei prigionieri N.d.R.): A questo punto ci chiedemmo che fare dei due tedeschi. Uno propose di pugnalarli, per non segnalare la nostra presenza a quella colonna in marcia, che in linea d'aria era abbastanza vicina; ma tutti gli altri dissero di no. Decidemmo per un colpo alla nuca e così facemmo. Li seppellimmo in fretta e ci avviammo verso Paganine.”(5)

 Era una lotta micidiale, senza esclusione di colpi, da entrambe le parti. I rastrellamenti tedeschi e fascisti, in realtà, più che rendere un contributo sostanziale all’eliminazione del "fenomeno" banditismo, servivano più a terrorizzare le popolazioni e a portare acqua al mulino della campagna dell'odio che i partigiani comunisti alimentavano a più non posso e che loro stessi cercavano di provocare artatamente con un cinismo programmatico attraverso attentati ed uccisioni indiscriminate, onde ottenere questi effetti.

Conferma questa realtà il partigiano, giornalista e storiografo della Resistenza, Giorgio Bocca che, in un suo articolo, parlando dell’aspetto del terrorismo degli anni settanta-ottanta, così scriveva:

 "Il secondo argomento su cui invito a riflettere è quello riassunto da una parola che per noi conserva un significato di angoscia e di paura: rastrellamento. Voglio dire il criterio a cui starebbero approdando alcuni organi di polizia e di indagine giudiziaria: pescare a mucchio negli ambienti sospetti, sia a sinistra che a destra, così come il rastrellamento arrestava in massa quando incontrava nelle zone perlustrate, e poi vedere se nel mucchio è capitato qualche terrorista vero.

Come ex partigiano e storico della guerra partigiana vorrei ricordare a chi riscopre oggi questa tecnica, che l'unico risultato dei rastrellamenti è stato di aumentare il numero dei partigiani e dei loro simpatizzanti ( ci fu anzi un terrorismo partigiano e rivoluzionario che aveva per compito precipuo o complementare, proprio quello di provocare rastrellamenti, di coinvolgere il maggior numero di persone).

Il che non significa che io intendo equiparare i partigiani di allora ai terroristi di oggi; intendo solo sottolineare dei rapporti di causa ed effetto."(6)

 Ma di questa realtà, che traspare appena tra le righe di ben pochi storiografi partigiani o di ex partigiani veri se ne è ben poco parlato e l'opinione pubblica non ne è per nulla a conoscenza. E' stato molto più facile a tutti i "pennivendoli di regime" di questi cinquanta anni, servire la verità del padrone, descrivendo episodi gonfiati, facendo apparire ciò che non è stato, nascondendo le verità e pertanto facendo credere alle nuove generazioni che la partecipazione alla lotta partigiana ebbe un adesione pressoché totale della popolazione e che, quei pochi, pochissimi che si erano legati al nazifascismo non erano altro che dei venduti, dei violenti o dei corrotti e alcuni altri, rarissimi, erano solamente accecati da "ingenua fede".(7)

Tutto questo è stato volutamente falsato poiché la realtà di quel periodo è stata ben diversa. Furono centinaia di migliaia, come abbiamo visto, i giovani "accecati", che aderirono al fascismo repubblicano e tra essi la maggioranza era composta da volontari, che portarono, in quella terribile lotta, che a molti poteva sembrare illusoria ed impossibile, la loro disperata ed adamantina fede in quanto non si può essere ciechi, o corrotti, o ignavi, quando si combatte e si va’ a morire per un ideale che altro non era che ideale di Patria e di libertà dai vari eserciti stranieri che calpestavano il suolo italiano.

Ed erano di gran lunga superiori, come numero, a quelli che avevano scelto la strada della montagna.

E' giunto il tempo di sfatare certi luoghi comuni e vedere la storia di quegli anni, senza acredine e senza desideri di vendette, nelle giuste proporzioni, per una migliore conoscenza del proprio passato e delle proprie origini; per una vera opera educativa in termini storici.

Ma tutta la storia della partigianeria ha molti vuoti e molte lacune, volute e ricercate.

Nella recensione di un libro di uno storiografo della resistenza del modenese, l'autore dell'articolo commenta, in modo corretto quelle valutazioni, con un giudizio che riportiamo, e che vorremmo far nostro:

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 "Il punto più delicato, quello facilmente destinato ad incontrare la curiosità di chi legge e, talora, il dissenso di chi ha vissuto negli anni '30 e'40, è ovviamente la sezione sulla Resistenza (specialità nella quale l'Alberghi è, per suo conto, versatissimo, avendo già pubblicato un migliaio di pagine in materia).

Si tratterebbe in primo luogo, di sapere quale fu la reale incidenza del fenomeno resistenziale sulla durata della guerra: dopo l'effimera parentesi, seppur d'alto valore morale, della Repubblica di Montefiorino, l'autore scrive che gli attacchi partigiani alla Via Giardini del 10 Aprile 1945 furono una manovra diversiva (P.157) ed agli insorti rimase il solo compito di ripulire i territori della residua presenza di nazifascisti in fuga.(159) Fu vera gloria insomma? In secondo luogo occorrerebbe conoscere come stavano le cose, e dalla parte dei montanari c'era effettiva adesione di popolo alla "gravosa necessità delle requisizioni"(151) o alle azioni partigiane con successivo "sganciamento" ( quante volte ricorre questo eufemismo! ) che lasciavano i residenti inermi in balia di rappresaglie, costate addirittura 80 morti per una fucilata (pag.148)? Perché tanti, in Frignano se si tenta oggi di farli parlare dei partigiani, se non ti confidano cose irriferibili commentano epigrammaticamente : "curag, ca scapuma!".

A queste grosse domande (che si riducono ad una sola: la presa effettiva del fascismo tra i montanari) l'Alberghi non risponde: anzi non se lo pone nemmeno: ci sa dire quanti si arruolarono per la Spagna dalla parte "giusta", ma non dall'altra: parla di un certo interesse per le vicende etiopiche ma senza scendere nei particolari.(8)

 Lo stesso articolista concorda poi che i tempi non sono ancora maturi per una storia obbiettiva; ma quando si è instaurato per tantissimo tempo, un clima di omertà e di paura, che ancora oggi permane tra quelle popolazioni che difficilmente, se vengono interpellate, parlano apertamente delle "gesta" dei partigiani e tanto meno sono disposti a rilasciare testimonianze firmate, in clima di tal genere è estremamente difficile poter fare della storia sulla base di testimonianze credibili e serene; e purtroppo sarà molto difficile per gli storici futuri affrontare questo periodo, poiché tutte le argomentazioni della parte sconfitta o sono andate distrutte o rimangono nei piccoli ricordi personali. Se il clima di paura e di persecuzione rimarrà ancora per un certo tempo, gli ultimi testimoni di quelle tragiche giornate si porteranno i loro ricordi nella tomba e resteranno così solamente quelli di una sola parte, per di più manipolati e forzati; la storia verrà così ricostruita in modo parziale e non obbiettivo.

  

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 NOTE

 1    cfr. Pacor-Casali: "Lotte sociali e guerriglia in pianura" pag. 99.

2    ibidem pag. 127

3    ibidem pag. 100

4    V. Prandini: "Tra paesani e compagni" pag.,. 241

5    ibidem pag. 250

6    cfr. articolo di Giorgio Bocca sul settimanale L' Espresso di Ottobre 1980, dal titolo: " Calunniate, calunniate, qualcosa resterà"

7    cfr. Pacor-Casali, op. cit. pag. 111

8    cfr. articolo sul quotidiano, "Giornale Nuovo" del 18 Gennaio 1981, in cronaca modenese, a firma; F.M. e dal titolo: "Tra le righe si intravedono anche i "compagni assassini". Recensione del libro di P. Alberghi: "Quaranta anni di storia montanara."

 

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Luglio 1944: uccisioni in tutta la Provincia

Villa Arrigona a San Giacomo delle Segnate con massacro di quindici fascisti

 

 VENERDI 7 LUGLIO  1944  Villa Arrigona

 Nella bassa ancora azioni partigiane. Un’azione congiunta di formazioni del gruppo di "Nansen" e dei gruppi Sap carpigiani, viene portata contro un distaccamento della Milizia Ferroviaria di Ancona che si trovava di stanza nella Villa "Arrigona" a San Giacomo delle Segnate, in Provincia di Mantova quasi sul confine con la nostra Provincia. Malgrado quest’episodio sia avvenuto al di fuori del territorio modenese è degno di essere riportato nella nostra storia poiché se ne trova vasta eco in tutta la storiografia resistenziale locale, in quanto l'azione è stata intrapresa da formazioni partigiane della nostra Provincia e per i grossi contrasti che sono sorti, su questa tipica "azione", tra gli stessi partigiani.

Di quest’episodio, che in realtà fu un vero e proprio massacro preordinato di fascisti, abbiamo preso in esame le pagine, numerose, di svariate pubblicazioni della storiografia resistenziale.

Come premessa è bene sottolineare che la Provincia di Mantova, contrariamente a quella modenese, era stata sino a quel momento totalmente estranea alla violenza della lotta fratricida ed anche in seguito la lotta partigiana non vi entrò mai a quei livelli di spietatezza che invece contraddistinsero quella modenese.

La stessa zona di San Giacomo delle Segnate e San Giovanni del Dosso era politicamente tranquilla per i fascisti e non vi era mai stata traccia di partigiani locali.(9)

In territorio mantovano, a differenza da quello modenese, non esisteva il coprifuoco e pertanto era più facile circolare anche nelle ore notturne.(10)

I partigiani modenesi si accingono dunque, a portare in quelle zone tranquille un pò di quell'odio e di quella ferocia che andavano spandendo a piene mani nelle pianure e nelle montagne della nostra Provincia. Non sono però d'accordo su chi abbia condotto questa "pregevole" azione di guerriglia: si contendono la palma il partigiano Nansen e il partigiano Rino Gasperini.

La preparazione all'attacco, secondo il Nansen, venne studiata meticolosamente, in quanto doveva assumere un ruolo di fondamentale importanza per le forze partigiane "un’azione portata contro 150-200 militi fascisti", asserragliati nella villa.(11)

 "Pur conservando le caratteristiche peculiari del colpo di mano, l'azione (decisa dal Comando politico-militare della seconda zona con la partecipazione di Rolando Dotti) impegnò un notevole numero di uomini. Diretta sul piano operativo da Rino Gasperini.....ecc. L'importanza rilevantissima di questa azione, nonché il dover rettificare altre versioni sull'episodio o inesatte (come quella proposta dal Diario storico della Brigata Remo) o peggio ancora infarcite di fantasiose invenzioni (come il racconto esposto da Nansen e riportato da Mirko Campana) ci hanno indotto ad un lavoro assai impegnativo di raccolta e di rigoroso vaglio critico di testimonianze dirette."(12)

 Che di fantasiose invenzioni sia farcita la storia raccontata dal partigiano Nansen è vero, ma altrettanto vero è che la storia raccontata dagli altri non corrisponde assolutamente alla verità.

I partigiani dunque, si apprestano ad attaccare in massa la piccola ridotta fascista; vengono da Concordia, San Possidonio e Cavezzo, sono presenti sul posto, il Comando Gap al completo e rappresentanti del comitato provinciale, oltre ai responsabili politici delle formazioni(13).

Sicuramente più di un centinaio sono portati all'attacco del presidio fascista che, contrariamente a quanto detto dalla prima "fantasiosa" versione del Nansen, non erano centocinquanta-duecento, bensì solamente tredici militi della polizia ferroviaria di Ancona tra i quali un ragazzo di sedici anni che era andato a trovare il fratello soldato. Un gruppo di partigiani penetra negli alloggiamenti:

 "..procedendo con cautela, le mani strette sulle impugnature delle armi con i sensi vigili e tutti tesi a cogliere la presenza del nemico, dalla cantina si penetrò in due stanze entrambe deserte per sbucare in una sala dove vennero sorpresi, ancora addormentati o non del tutto svegli, una quindicina di repubblichini con le armi personali abbandonate e appese vicine ai loro letti."(14)

 Il racconto partigiano si dilunga in particolari che dovrebbero servire a far risaltare il duro combattimento e l'eroico comportamento dei partecipanti all'azione, ma nella realtà i fatti avvennero in questo modo. Uno dei partigiani, che erano arrivati alla Villa Arrigona a bordo di un camion, era travestito da fascista, si avvicinò all'ingresso e chiamò la sentinella di guardia: questa, minimamente insospettita, si ricordi che in quelle zone non era mai successo niente di anormale, aprì la porta e il partigiano gli scaricò addosso una raffica di mitra. Gli altri si scagliarono all'interno dell'edificio ed entrarono nel salone adibito a dormitorio (per ben due volte i partigiani avevano compiuto un sopralluogo)(15), e cominciarono a sparare all'impazzata. I militi non ebbero nemmeno il tempo di accorgersi di quello che stava succedendo, vennero presi in pieno dalle raffiche partigiane e caddero l'uno sull'altro in un lago di sangue. I partigiani si eclissarono velocemente e alla fine della sparatoria dieci fascisti, compreso il giovane sedicenne erano già morti e gli altri tre gravemente feriti.

 "L'azione è stata piuttosto rapida, morti e feriti nemici ce ne sono certamente a giudicare dalle grida che vengono dal salone e si attende con animo sospeso la reazione nemica che non viene"(16)

 Dopo questo efferato eccidio, il gruppo di partigiani che prese parte all’azione, sulla strada del ritorno, uccise ancora due militi fascisti che si trovavano in perlustrazione per quelle contrade.(17)   

 LUNEDI 10 LUGLIO 1944

 Una delle più spietate rappresaglie tedesche in Provincia di Modena, fu quella di Cibeno di Carpi. In questo giorno vengono fucilati settanta prigionieri politici del campo di concentramento di Fossoli per una ritorsione all'uccisione di un gruppo di militari tedeschi, avvenuto giorni prima a Genova. Due di questi prigionieri riuscirono a salvarsi, gli altri sessantotto furono sepolti in unica fossa.(20)

L'assurda, immotivata e crudele vendetta tedesca nei confronti di incolpevoli prigionieri rinchiusi nel campo di Fossoli stà a dimostrare con quanta spietatezza i militari teutonici applicassero le leggi di guerra. In questa, come in tante altre ritorsioni nei confronti di italiani, i nazisti agirono sempre all'insaputa dei Comandi Repubblicani che, quasi sempre si trovavano di fronte al fatto compiuto e in non pochi casi crearono delle vere e proprie crisi di coscienza e di ribellione da parte di tanti fascisti repubblicani.

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 MARTEDI 11 LUGLIO 1944

Dietro sollecitazione alleata(21), i gruppi partigiani della bassa modenese continuano nella loro opera di sabotaggio alle operazioni di trebbiatura del grano; in uno di questi scontri viene ucciso il Tenente della G.N.R.:

TOTANELLI TITO(22).

Così viene descritto l'episodio nel quotidiano locale "Gazzetta dell'Emilia":

 "Un gruppo di sovversivi recatosi in frazione Navicello in Comune di Nonantola per impedire la trebbiatura, si è incontrato con un gruppo di militi che dirigevano i lavori e ne hanno proditoriamente assassinato il capo: il tenente Tito Totanelli e ferito gravemente un altro. Nel conflitto che ne è seguito è  stato gravemente ferito uno studente che si trovava incidentalmente a passare per la località e sembra, uno degli aggressori sia rimasto gravemente ferito, pur essendo riusciti i compagni a trasportarlo lontano."(23)

Ancora a Nonantola resta uccisa la Guardia della Polizia Repubblicana:

ZIGARELLI SEVERINO (24)

 MERCOLEDI 12 LUGLIO 1944

 In varie località della Provincia, i partigiani uccidono in una serie di agguati cinque fascisti.

A Prignano viene ucciso il giovane:

RONCHI DIEGO(24a);

a Campogalliano il civile:

MASINI SEVERO(25);

a Montefiorino viene fucilato il giovane di ventuno anni:

ROVINA PRIMO(26);

era milite della Ferroviaria e venne prelevato dalla propria abitazione durante una licenza e torturato; mentre subiva le sevizie, chiese di bere, gli vennero recise le vene dei polsi e i partigiani lo invitarono a bere il proprio sangue, poi venne fucilato.

Nella zona di Carpi, in un vile agguato, vengono uccisi da partigiani, tali :

FORONI ALVISE(27) E,

CORRADINI OLGA(28).

A Nonantola venivano fucilati dai tedeschi tre fratelli partigiani.(29)

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 LUNEDI 17 LUGLIO 1944

 A San Vito di Spilamberto, viene ucciso, in un agguato partigiano il milite della G.N.R. di cinquantadue anni:

TINARELLI ADAMO(40)

In una incursione aerea rimane uccisa la Signora Folloni Zita; era la moglie del fascista Manni Vito che verrà ucciso nei mesi successivi in una imboscata partigiana.

 MERCOLEDI 19 LUGLIO 1944

 Proseguono gli attentati a fascisti isolati. A Spilamberto viene ucciso:

MAGRELLI GEMINIANO(44),

mentre a Soliera, in un attentato gappista, viene ucciso il Commissario del Partito Fascista Repubblicano di quella località:

DE LIBERIS EUGENIO(45).

 GIOVEDI 20 LUGLIO 1944

 A Modena viene trovata uccisa sulla via, la guardia di Pubblica Sicurezza, di ventisette anni:

VALENTE ANGELO(46).

E la guardia della Polizia Repubblica, morto per ferite da arma da fuoco in Via Formigina:

PINI LUIGI (47)

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 VENERDI 21 LUGLIO 1944

 Molto probabilmente in questa data, ma non è stato possibile accertarlo con precisione, a Montefiorino, dopo la serie degli eccidi partigiani dei primi giorni del "territorio libero", vengono uccisi altri fascisti:

ZANOTTI ANDREA(47a),

BIANCHESSI ARRIGO(48),

PARENTI DINA(49).

Quest'ultima era Segretaria del Fascio femminile di quella località: sia della Parenti che del Bianchessi viene citata, in altra fonte, una data diversa. Viene ucciso anche il Capitano della GNR, catturato dai partigiani, come abbiamo visto, il 15 Luglio:

SANTINI GIUSEPPE(50).

 GIOVEDI 27 LUGLIO 1944

 A Modena, in due distinti agguati restano uccisi due fascisti: il milite di ventiquattro anni:

SPERANZA ENZO TERZO(56),

e in luogo diverso il giovane ventitreenne:

DI SOTTO FRANCESCO(57)

Secondo un altra versione, quest'ultimo milite sarebbe stato fucilato per diserzione e rapine, dopo regolare processo, dagli stessi fascisti, assieme agli ex militi: Belcastro Antonio e Iadecola Angelo.(57bis)

 

 

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Eccidio di partigiani a Ciano e in Piazza Grande  

 MARTEDI 18 LUGLIO 1944

 La sera di Sabato 15 Luglio, in località Boschi di Ciano, tre militari tedeschi passavano per quella zona con dei buoi requisiti ai contadini dei dintorni; sembra che questi, mentre i tre tedeschi erano fermi a bere in una osteria, si organizzassero per riprendersi le bestie. Dopo poco che i tre tedeschi si furono rimessi in cammino, vennero attaccati a raffiche di mitra in una curva della strada, due rimasero uccisi e l'altro gravemente ferito. Passarono due giorni pieni di incognita per le popolazioni del luogo, per timore della rappresaglia; i nazisti, infatti, infuriati dall'ennesimo attentato e con la prospettiva di fare della zona dell'alta valle del Panaro una base di appoggio per la lotta antipartigiana, anche in previsione del futuro attacco alla "zona libera" di Montefiorino, decisero, con la solita tetragona mentalità teutonica, di procedere alla fucilazione di venti ostaggi.(41) Vana fu la corsa al Comando tedesco di Bologna del Podestà di Zocca Giuseppe Bartolini e del medico di Monteombraro Dott. Germano Vandelli, per intercedere a favore dei prigionieri. All'alba di questo giorno i tedeschi procedettero ad un rastrellamento, arrestarono venti persone che dal Castello di Serravalle vennero portate nella zona dei Boschi di Ciano, dove tre giorni prima era avvenuto l'attentato, ed impiccate a due lunghe forche. La maggioranza di queste persone era sicuramente innocente e non implicata in operazioni di guerriglia.(42)

Gli uccisi a Ciano

cfr. E. Gorrieri, op. cit. e in Rassegna Isr. n.3 i caduti: Balugani Giuseppe, Balugani Pietro, Balugani Raffaele, Poggi Pierluigi, Poggi Silvio, Amilcare Auregli, Silvio Balestri, Lino Bononcini, Ferriero Colzi, Walter Degno, Leopoldo Celli, Umberto Gherardi, Ezio Lolli, Massimo Nobili, Remo Odorici, Giuseppe Pedretti, Ivo Sassi, Giuseppe Teggi, Eraldo Teodori, Timoleone Tonioni.- Cfr. R. Balugani - La Repubblica Sociale Italiana a Modena - ISR n. 13 anno 1995

 DOMENICA 30 LUGLIO 1944

 In questa calda giornata di fine Luglio si verifica a Modena una spietata rappresaglia tedesca a seguito di un attentato partigiano contro una colonna di militari. In Piazza Grande vengono fucilati venti partigiani prelevati dalle carceri di S. Eufemia; la storiografia partigiana documenta ampiamente questo ennesimo episodio della ferocia tedesca, voluto esclusivamente dal Comando Germanico, nonostante i pressanti interventi del Comando Provinciale della GNR per cercare di evitare tale carneficina. In questa circostanza il Comandante degli agenti di polizia ausiliaria fascista, tale Tenente Piva, si rifiutò di prendere parte al plotone di esecuzione come avrebbero voluto i tedeschi e che poi venne composto solamente da loro: per questo suo rifiuto rischiò di essere fucilato assieme ai partigiani.(60)

Tutta la città venne profondamente turbata da questo inutile bagno di sangue e violenti scoppiarono i contrasti tra tedeschi e fascisti.

 A Modena dopo la spietata rappresaglia della Domenica, si verifica un ulteriore attentato ad un soldato tedesco; il Comando Germanico, in preda a vera e propria follia omicida ordina un ulteriore massacro e a San Lazzaro vengono fucilate cinque persone.(63)

 Le vittime dei due eccidi

60   Le vittime di quell'eccidio furono: Bisi Giulio, Bisi Geminiano, Borelli Gino, Cavedoni Guido, Cottafavi Renzo, Garavini Franco, Giovetti Rino, Liberatore Giovanni, Lugli Emilio, Martelli Antonio, Morandi Nazzareno, Neri Nansen, Poletti Federico, Magnani Alfredo, Puppini Giovanni, Rapin Agostino, Santi Giovanni, Shamonal Roberto, Vandelli Egidio e Volpi Renzo. Da Rassegna ISR n.3 1962 pag.10

63   i cinque giovani partigiani fucilati a San Lazzaro  furono: Rossi Adorno, Monteverde Carlo, Masseria Riccardo, Ferrari Ettore e Atti Walter.

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Uccisione del Console Nannini e eccidio in Piazza a Carpi

Continue uccisioni di fascisti nel carpigiano

 GIOVEDI 3 AGOSTO 1944

 La spietatezza della guerra civile nella bassa modenese non conosce soste: in questo giorno:

 "il comandante militare del 3° settore della 1° zona accompagnato da quattro garibaldini entrava in casa della spia fascista

FILIPPI ARTURO

e lo giustiziava, perché aveva denunciato un garibaldino fucilato poi dai nazifascisti. Questa è la fine riservata a tutte le spie e traditori."(7)

 Il nominativo di questo Filippi Arturo non viene citato in nessun documento di parte fascista e non si sono trovate altre testimonianze.

 Il  Partigiano “ARMANDO”

MARTEDI 8 AGOSTO 1944

 Secondo una tesi del partigiano comunista "Armando", in questo primo periodo del mese d’Agosto, si verificò, nella zona di Pavullo, un accordo tra il CLN e le formazioni fasciste del capoluogo frignanese basato su questo tipo di considerazione: "Se vinciamo noi, vi salviamo, se vincete voi, salvate noi."(13)

L'accordo sarebbe stato stabilito tra alcuni personaggi della località montana modenese e precisamente: da una parte il Prof. Cornia ed il Comm. Ghibellini, dall'altra l'Ing. Rivaroli. Ma anche il partigiano comunista Armando volle un incontro con il Rivaroli, capo dei fascisti pavullesi che, dopo previ contatti, avvenne in un casolare della zona. Si doveva ricercare una strategia atta ad evitare più gravi danni e lutti al paese. Armando promise di non attaccare e di non occupare, come secondo lui era previsto, il centro di Pavullo se non dopo la fine della guerra, con la promessa, da parte fascista, che loro, i partigiani, dovevano essere lasciati in pace e che inoltre i fascisti dovevano rifiutare gli ordini tedeschi.

Secondo le teorie di "Armando", non vi furono più, nella zona, ulteriori uccisioni tra fascisti e partigiani, però i tedeschi continuarono nella lotta contro i "ribelli", compiendo contro questi "numerosi attacchi punitivi".(14)

Quanto risponde a verità questa teoria e questo accordo non è stato possibile appurarlo al meglio, resta il fatto che nella ricerca che abbiamo compiuto sulle uccisioni di fascisti nel modenese, abbiamo riscontrato che ugualmente nella zona, anche dopo questo, non meglio definito, incontro, molti fascisti vennero uccisi.

 La  fuga al di la delle linee della brigata di Armando

 

Lo scontro tra le truppe tedesche e i reparti partigiani nella zona di Sassoguidano, nella storiografia partigiana diventa una battaglia di proporzioni gigantesche. Si parla di un grosso rastrellamento tedesco con l'appoggio di mortai da 81 e mitragliere da 20mm.: il bilancio che viene stilato è, come al solito, estremamente esagerato :

 "Quattro ore di fuoco da entrambe le parti: 310 morti tedeschi ed un numero imprecisato di feriti. Cinque macchine distrutte. Un morto partigiano e quattro feriti.."(54)

 Ovviamente questi dati non corrispondono, nemmeno in minima parte, alla verità, ma risulta invece molto importante quello che avvenne per il gruppo di "ribelli" di "Armando".

Non fu la vittoria dichiarata, bensì una pesante sconfitta poiché, in seguito a questo scontro, i partigiani dovettero riparare, con armi e bagagli, al di là delle linee tedesche cercando rifugio presso le truppe "alleate".

La sconfitta fu cocente per le forze partigiane e grosse polemiche sorsero all'interno dello schieramento antifascista, per questa fuga o ritirata strategica, che si voglia chiamare. Difatti:

 "Da quel momento Armando scomparve dalla scena partigiana modenese. Naturalmente è difficile giudicare a posteriori la sua condotta. Certo essa suscitò critiche assai severe tra le file dei partigiani rimasti al di qua delle linee, che giudicarono negativamente il passaggio del fronte in un momento in cui si sperava ancora nella liberazione imminente e quando nessuno immaginava di avere un inverno da passare in montagna."(55)

 Lo stesso Armando, nella sua storia, cerca di giustificare questa azione,(56) ma resta evidente che i reparti partigiani subirono una netta sconfitta e preferirono, al proseguimento del combattimento contro le forze tedesche, passare le linee per una più comoda interpretazione della "loro" guerra. Quei reparti partigiani vennero poi inquadrati e schierati sul fronte a fianco degli "alleati", poiché:

 "si doveva esaltare ugualmente la figura di Armando, ma con l'invito a non seguirne l'esempio."(57)

 SABATO 23 SETTEMBRE 1944

 La posizione della componente comunista nella lotta armata, viene chiaramente messa in evidenza, nella storiografia resistenziale di parte democristiana, in chiave decisamente negativa.

Nel tentativo di dare una visione della resistenza, che non sia, così come viene fatto dai comunisti, esclusivamente unilaterale, vengono messi in luce taluni aspetti comportamentali dei partigiani "rossi" che potrebbero essere valutati in tal maniera dall'avversario fascista, il quale, almeno dal punto di vista storico, avrebbe tutte le ragioni per far conoscere come si svolsero i fatti, nella pura aridità della cronaca ma che, data la prepotenza con cui i padroni dell'informazione e di un certo tipo di cultura hanno manipolato o quanto meno presentato monco, all'opinione pubblica quel periodo; e non è ancora stata possibile una vera revisione storica.

E', d'altronde, oltremodo interessante che queste interpretazioni vengano fuori dalle lotte intestine del CLN, almeno qualche cosa si può cominciare a mettere bene a fuoco. Qualche verità comincia ad affiorare: un esempio ne è questo brano:

   "L'egemonia comunista nella guida della resistenza armata nella "Bassa" probabilmente contribuì ad imprimere alla lotta un carattere di decisione e di inflessibilità, che corrispondeva alla direttiva di fondo dello stesso partito comunista, di condurre la guerra partigiana senza esclusione di colpi, in contrapposizione alla prevalente preoccupazione dei cattolici (laddove operarono con loro formazioni) di umanizzare la lotta.

Questo indirizzo comunista - insieme anche all’acutizzarsi e all'indurirsi della lotta una volta messa in moto la spirale azione partigiane rappresaglie - diede luogo talvolta ad estremizzazioni ed anche ad esagerazioni, che danneggiarono il prestigio della resistenza nei confronti della popolazione e della opinione publica in generale. Non ci riferiamo alla tendenza purtroppo diffusa (e d'altra parte difficilmente controllabile e contenibile in un' organizzazione operante su basi di clandestinità), ad abusare nel campo dei prelevamenti di denaro e di generi alimentari e ad approffitarsene personalmente da parte di taluni combattenti. Alludiamo agli eccessi purtroppo verificatisi abbastanza di frequente nel condurre la lotta in modo duro e inflessibile: eccessi consistenti nel ricorrere a forme di rappresaglia come l'incendio di case, nello stillicidio, che si andò facendo sempre più intenso soprattutto a partire dall'autunno 1944, dell'eliminazione di spie o presunte spie e nell'uccisione in qualche caso anche di familiari di fascisti."(58)

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Il Console Nannini

 

MARTEDI 15 AGOSTO 1944

 

A Carpi, mentre rientrava alla sua abitazione dopo la passeggiata ferragostana in bicicletta, assieme alla moglie ed al figlioletto in tenerissima età , sulla strada per Migliarina, viene ucciso, in un’imboscata partigiana, il Console della Guardia Nazionale Repubblicana:

NANNINI FILIBERTO.(29)

La moglie ed il figlio resteranno feriti.

 

MERCOLEDI 16 AGOSTO 1944

 

In seguito al vile attentato al Console Nannini, si scatena tutta la rabbia dei fascisti carpigiani già provati da una lunga serie di attentati ed uccisioni. Viene immediatamente effettuato un grosso rastrellamento alla ricerca degli esecutori dell'attentato e decine e decine di persone vengono arrestate. Si vuole a tutti i costi una rappresaglia e nonostante l'intervento dell'allora Vescovo di Carpi, Mons. Della Zuanna, sedici carpigiani verranno fucilati davanti al Castello dei Pio nella Piazza principale della cittadina modenese.(30)

Il terrore non risparmia più nessuna zona della nostra Provincia, dalla montagna alla pianura i partigiani aumentano lo stillicidio degli agguati e degli attentati provocando in molti casi, come questo di Carpi, l'assurda ritorsione della rappresaglia dei tedeschi e dei fascisti che, nell'impossibilità di porre un freno alle esecuzioni sommarie, come è stata quella del Console Nannini, si lasciano prendere la mano dalla spirale dell'odio e della vendetta che tanto più è indiscriminata tanto più è redditizia per i Comandi del CLN che vedevano così realizzarsi il loro programma di espansione della guerra civile.

Anche a Ravarino, in seguito ad un attentato ad un funzionario fascista del luogo, verranno fucilati, davanti alle scuole nella Piazza principale di quel piccolo centro, cinque civili.(31)

Uccisione del sindacalista Rampini e di altri fascisti

 

DOMENICA 27 AGOSTO 1944

 

Imboscata partigiana ad un gruppo di fascisti che da Modena si stavano recando a Carpi per una manifestazione. L'agguato venne effettuato in Via Carlo Sigonio o in Via Lana, ma un altra fonte parla dell'imboscata avvenuta in Comune di Soliera: sicuramente vennero assassinati: il sindacalista di trentacinque anni, che era anche Direttore del settimanale modenese del Fascismo Repubblicano, "Valanga Repubblicana":

RAMPINI CORRADO,(45)

lo squadrista della Brigata Nera "M. Pistoni", di cinquanta anni:

CASOLARI MASSIMILIANO,(46)

ed il giovane milite, sempre della B.N. modenese di anni diciotto:

MEDICI FRANCESCO.(47)

Intanto, sempre nella bassa modenese, i partigiani che non sopprimono i fascisti catturati e che si limitano a "maltrattarli" vengono severamente redarguiti dai loro comandi:

"Il gap 43 entrava in casa del fascista repubblichino Bellentani per giustiziarlo, non avendolo trovato, si limitava a recuperare due bombe a mano. Nella medesima sera lo stesso gap entrava in casa del cap. Pini (fascista rep). Gli vennero fatte ingoiare tutte le tessere del PNF, malmenandolo alfine assieme ad alcuni familiari (fascisti essi pure). Il Pini non è stato giustiziato perché ha assicurato mediante uno scritto, di ritirarsi a vita privata e di fare il possibile per evitare rastrellamenti nella zona. Il Comando del dist. "Aristide" non ha esitato a criticare l'accaduto, spiegando la necessità di colpire con ogni mezzo e senza esitazioni i traditori, massacratori del popolo italiano". (Relazione delle azioni svolte dalla 65° Brigata "W. Tabacchi" nel mese di agosto).(48)

Ancora nelle zone del carpigiano resta ucciso tale:

LOLLI CESARINO.(49)

 

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Attentato a Montese e Massacro di fascisti a Soliera

Attentato a Iola di Montese

 VENERDI 8 SETTEMBRE 1944

 

In località Ponte delle Sponge, a Iola di Montese, transitano due motociclette tedesche con a bordo quattro militari; dietro la siepe che costeggia la strada sono appostati alcuni gruppi partigiani che all'arrivo dei due automezzi iniziano una fitta sparatoria: due tedeschi restano uccisi e due vengono catturati. Di fronte a quest’azione la popolazione della zona è terrorizzata in quanto teme un’indiscriminata rappresaglia da parte tedesca. Ma anche in questo caso, l'intervento del Parroco di Iola di Montese riesce a sventare la ritorsione.(14)

In genere per la storiografia partigiana in casi come questo o similari, quando le cose vanno bene, cioè se in seguito ad attentati, dove vengono uccisi tedeschi o fascisti e non viene effettuata la rappresaglia, il merito va’ all'intervento del Parroco oppure non se ne parla.

E' fuori dubbio che l'intervento , in moltissime occasioni, dell’autorità ecclesiastica, riuscì a impedire ulteriori lutti, come d'altra parte è altrettanto vero che parroci di molte località seguirono la sorte dei loro parrocchiani fucilati nelle rappresaglie.

Ma va’ pur detto che, in moltissime occasioni, gli stessi comandi militari tedeschi ed in particolare quelli fascisti, evitavano di commettere tali azione di ritorsione poiché ben sapevano che avrebbero fatto il gioco dei partigiani comunisti e spesso le inermi popolazioni si trovavano in balia dei ricatti e delle vendette delle bande ribelli, che le taglieggiavano e ricattavano con il terrore. Non sempre dunque, come ci ha fatto credere la non obiettiva storia della resistenza, questi uomini in divisa, che purtroppo in molte circostanze sono caduti nella trappola della ritorsione, e che erano facile bersaglio di chi stava appostato dietro ad una siepe, adottando il sistema del "colpire e fuggire", si scatenavano nella rappresaglia. Molto spesso questi militari si limitavano, pur con la rabbia in corpo, a piangere i loro commilitoni caduti nelle vili imboscate.

Sempre in questo giorno, in una borgata di Polinago, la funzione religiosa, alla quale erano intervenuti dei partigiani, venne interrotta dall'arrivo dei tedeschi. Vi fu una sparatoria senza conseguenze e vennero effettuati alcuni arresti, tra i quali Don Luigi Partesotti, arciprete di Brandola che fu lasciato andare, prima di arrivare a Pavullo, da un soldato tedesco.(15)

Questo episodio viene anche raccontato da un altro testimone il quale affermava che i partigiani, appartenenti alla Brigata di "Mario da Modena", si fecero sorprendere mentre: "ballavano e gozzovigliavano".(16)

 

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Eccidio di Soliera

VENERDI 15 SETTEMBRE 1944

 E' il tardo pomeriggio di una bella giornata settembrina; un camioncino che trasportava un gruppo di militi della GNR e della Brigata Nera, viene improvvisamente bloccato da un gruppo di partigiani in una strada di campagna nei pressi di Limidi di Soliera. Dopo una breve sparatoria i militi sono costretti alla resa dalle preponderanti ed armatissime forze partigiane che, immediatamente procedono ad un’esecuzione sommaria degli otto militi catturati, tutti ragazzi giovanissimi.

Li comandava il Sergente Maggiore:

GASPARINI CASARI NELLUSCO,(29)

di quarantacinque anni, il quale, prima di essere ucciso, vide uccidere il figliolo:

GASPARINI CASARI GIORGIO,(30)

caporal maggiore del 2° Reggimento della Divisione Littorio e Bersagliere del Duce: assieme a loro i partigiani fecero strage del giovane:

RONCHETTI DANILO,(31)

di venti anni e padre di un bimbo di tre mesi, di:

MIRAVALLE STEFANO(32),

di diciannove anni, di:

FRANZONI BONFIGLIO,(33)

anch'esso di diciannove anni, di:

SANMARINI EDOARDO,(34)

milite della Brigata Nera di diciannove anni, di:

SCORZONI ERMES(35),

di diciotto anni e milite della B.N. del Battaglione volontari "Mussolini", e del giovanissimo. diciassette anni non ancora compiuti:

BERTACCA LAMBERTO.(36)  (vedi fotografia)

A quest'ultimo giovane, colpito alle gambe, i partigiani ingiunsero di alzarsi e di gridare, se voleva salva la vita: "viva i partigiani, viva la Russia". Egli con uno sforzo sovrumano si alzò per gridare in faccia ai suoi assassini: "Viva l'Italia! Viva la Germania!"

Al grido seguì una raffica rabbiosa che stroncò per sempre quella fiorente giovinezza. Era un ragazzo di eccezionali virtù e di sentimenti fortissimi. L'armistizio dell'8 Settembre lo gettò in uno stato di profondo sconforto, per lui tutto era perduto. Ma quando il 2 Ottobre del 1943 si costituì il reparto giovanile della GNR, fu tra i primi ad accorrere e a nulla valsero le preghiere per farlo recedere, data la sua giovanissima età, dalla decisione presa. Quando passò al corpo ausiliario della brigata nera "M. Pistoni" di Carpi, le imboscate partigiane erano già all'ordine del giorno. Dietro ad un’immagine del Sacro Cuore, una sera prima di addormentarsi, scrisse: "O Gesù dopo tanti sacrifici dacci la vittoria. Salva il Duce e il Fascismo solo baluardo di civiltà contro la barbarie mondiale".

Una notte mentre tornava di pattuglia, gli spararono da una siepe senza colpirlo. Il colpo fallì, ma era un avvertimento, non ci fece caso, aveva troppa fiducia negli uomini e la sua fede era incrollabile.(37)

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LUNEDI 18 SETTEMBRE 1944

 Nella zona di Carpi vengono uccisi tre militi della GNR. Si trattava di:

GIOVANNELLA GUIDO,(42)

OGNIBENE EZIO,(43)

TURCHI GIOVANNI.(44)

Dell'uccisione di uno di questi ne troviamo traccia anche nella storiografia resistenziale che così inquadra l'episodio:

 "Alcuni partigiani raggiungevano Quartirolo per ivi giustiziarvi la spia Ugo Giovanardi. Costui però, si rendeva irreperibile. Successivamente gli stessi giustiziavano a Budrione il traditore fascista Giovanni Turchi."(45)

 MERCOLEDI 20 SETTEMBRE 1944

 Gli attacchi partigiani si fanno, via via, sempre più intensi; la prospettiva dell'attacco definitivo degli angloamericani sembrava molto vicina, pertanto le azioni di terrorismo e le vendette personali, che raggiungeranno il loro apice nell'aprile 1945, si infittiscono con un ritmo incredibile.

Nella zona di Carpi viene assassinato il milite della GNR:

ARTIOLI BRUNO.(47)

A Bologna viene fucilato il Parroco di Monzone di Pavullo, Don Natale Monticelli, che era stato arrestato il 25 Agosto poiché era stata scoperta la sua attività di partigiano.(48)

 GIOVEDI 21 SETTEMBRE 1944

 A Modena viene prelevato da elementi partigiani, mentre si recava in caserma, il milite della GNR di cinquantadue anni:

MUSSINI OTTAVIO.(49)

Verrà "giustiziato" con la classica esecuzione dei partigiani rossi: un colpo alla nuca.

A Pavullo viene ucciso il quarantenne:

BACCARANI PASQUINO.(50)

A Carpi, in un agguato partigiano. viene ucciso il milite della Brigata Nera:

BECCATI ALFIO.(51)

In montagna, così come nelle zone della bassa modenese si infittiscono gli agguati e le imboscate. Pattuglie di soldati tedeschi e fascisti vengono attaccate nelle località di Sassoguidano e di Verica, nelle vicinanze di Pavullo, da consistenti formazioni partigiane. Sassoguidano è il paese del capo partigiano "Armando". Una furibonda lotta si accende tra le due fazioni. Alcuni soldati tedeschi restano uccisi assieme a due partigiani.(52)

Ecco come il partigiano sopracitato, in una testimonianza abbastanza recente, inquadra l'episodio:

 "Desideravo preparare uno scontro con i tedeschi numerosi sul posto. La mattina del 21 lo scontro avvenne. Fummo attaccati da tre colonne tedesche. L'esito fu a noi favorevole e subimmo poche perdite. I tedeschi invece ebbero molti morti e per questo si vendicarono incendiando case ed uccidendo civili.(53)

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 LUNEDI 25 SETTEMBRE 1944

 A Fossoli di Carpi i partigiani "giustiziano" un fascista di quelle contrade; si chiamava:

BALLABENI ELIO.(60)

In una località imprecisata della Provincia di Modena, viene ucciso da elementi partigiani, il milite della RSI, modenese, di ventidue anni:

SGHEDONI LIBERO.(61)

Come doveva essere condotta la lotta partigiana e con quale crudeltà veniva portata avanti è possibile rilevarlo dalla stessa storiografia partigiana che, a distanza di tanti anni mette in luce, ma solamente in minima parte, taluni degli aspetti più bestiali di quella lotta senza quartiere.

 "Si giunse al punto di uccidere, nella 2° zona, 27 spie in tre giorni. Lo riferisce come nota di merito la citata relazione dell'ufficiale di collegamento del 25 Marzo 1945....Per opera sempre del medesimo distaccamento Gap, nello spazio di tre giorni, sono state eliminate 27 spie (uomini e donne) battendo così un primato: ciò è stato dovuto in parte alla presenza sul luogo del vicecomandante della 65° Brigata Omar, inviata colà per fronteggiare la situazione. Quest'ultima frase è una prova del fatto che spesso erano i comandanti stessi che incitavano ad uccidere le spie, come risulta da una lettera del comando Sap della II° zona ai patrioti del 1° Settore, datata 15 febbraio 1945 in arch. ISRM, dep. Borsari, C/6 che, comincia: "E' purtroppo doloroso constatare che il 1° settore è il solo che fino ad oggi, non si sia affermato nell'esplicare quella preziosa attività che consiste nell'eliminazione di spie tanto pericolose per la nostra causa", e prosegue con aspri rimproveri ai patrioti mirandolesi, " i quali non hanno mai saputo dare ai loro concittadini una dimostrazione di forza e di coraggio."(62)

 MARTEDI 26 SETTEMBRE 1944

 All'Ospedale militare di San Geminiano di Modena muore, in seguito a ferite riportate in uno scontro con i partigiani:

STELLA VINCENZO.(63)

Nel carpigiano, a San Martino Secchia, viene ucciso dai partigiani il civile:

MALAGOLI ARMANDO.(64)

A Modena in un’incursione aerea resta ucciso tale Selmi Mario.

 MERCOLEDI 27 SETTEMBRE 1944

 Ancora nella tormentatissima zona del carpigiano, i partigiani "eliminano" due civili fascisti

SOGARI GIUFFRIDA,(65)

padre di cinque figli e:

CORTESI PIO.(66)

Così viene ricordato l'episodio, in una testimonianza rilasciata al quotidiano modenese "La gazzetta di Modena" dai figli del Sogari:

 "....Il 27 Settembre 1944 due sicari bussarono alla porta di casa sua. "Erano da poco passate le 12 - ricorda la figlia Nicola, che allora aveva 20 anni - e io stavo lavorando in cucina quando mi trovai davanti un individuo mascherato da un fazzoletto e da occhiali da sole. La mamma stava arrivando a casa. Io ero in casa con mio fratello Benito, 17 anni, Angela, 2 anni, e Dino, 5 anni." Dov'è tuo padre? chiese l'uomo mascherato.....L'uomo prese la pistola, armeggiò ripetutamente con il caricatore, mostrandolo alla ragazza. Poi dalla finestra notò che Giuffrida Sogari stava rientrando a casa.....Nicola prese il coraggio a due mani, si ribellò e si parò tra i due sicari e suo padre, gridandogli: "Papà ti vogliono uccidere. Il padre la guardò un istante, poi disse: "No guarda che io non ho fatto nulla per essere ucciso".....Spinse Nicola in disparte perchè non fosse colpita dalle pallottole che sarebbero partite dalla pistola. E fuggi dal retro della casa. Gli assassini lo inseguirono, allontanandosi dall'abitazione. Il figlio Benito intanto corse a prendere il fucile del padre cercando di caricarlo. Era pronto a sparare per difendere suo padre. Ma il fucile si inceppò......Dopo un ora nei pressi di casa, i familiari di Sogari notarono un uomo che faceva segno con le braccia, tale Lazzaretti. Accorsero e videro una scena agghiacciante: Giuffrida era riverso a terra, proteso in avanti, in un lago di sangue: "L'avevano colpito alle spalle - ricordano Nicola e Benito - con diversi colpi alla schiena. Era già morto."

Quello stesso giorno due sicari uccisero sempre a Quartirolo Pio Cortesi: lo massacrarono in cantina, dove aveva cercato di rifugiarsi."(66bis)

 In seguito ai numerosi atti di sabotaggio che si erano verificati nella zona contro automezzi tedeschi in transito sulla Via Giardini, nei pressi di Serramazzoni, il Comando tedesco metteva in atto una serie di rappresaglie, facendo incendiare dai militari germanici parecchie case nella frazione di Ligorzano.

In un mitragliamento aereo perdeva la vita il civile Bassani Cesare.

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 GIOVEDI 28 SETTEMBRE 1944

A Bellana, in Provincia di Como, in uno scontro con i partigiani di quelle zone, restava ucciso l'Allievo Ufficiale della Scuola di Modena:

LUPI NUNZIO.(67)

A San Possidonio, due fratelli agricoltori di quella zona, vengono prelevati dalle loro abitazioni dai partigiani che li uccideranno entrambi: il primo aveva quarantanove anni ed il secondo quarantacinque:

FERRARI ADORINO,(68)

FERRARI DELMO.(69)

 SABATO 30 SETTEMBRE 1944

 A San Possidonio, due militi della Brigata Nera di quel centro vengono uccisi in un agguato partigiano: erano il ventiseienne:

SMERIERI ARTURO,(73)

ed il giovane di ventidue anni:

GUANDALINI MARINO.(74)

 Due militi della Guardia Nazionale Repubblicana rimangono uccisi a Carpi in un agguato partigiano, si trattava di:

GUALDI SAVERIO(1),

FANTINI BRUNO(2).

A Crevalcore, piccolo centro del bolognese al confine della nostra Provincia, resta ucciso, in un’imboscata partigiana, il Maresciallo dell'artiglieria contraerea, di Ravarino dell'età di quarantotto anni:

CALVI FIORIGIO(3).     (vedi fotografia)

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 LUNEDI 2 OTTOBRE 1944

 Il reggente del Fascio Repubblicano di Zocca, reduce dalla campagna d'Africa:

SERRA ETTORE ARNALDO(4),

di sessantotto anni, è prelevato da partigiani dalla corriera che faceva servizio tra Zocca e Modena: viene portato in località "il lago" e barbaramente ucciso. La sua salma venne ritrovata a Serra di Samone il 18 Luglio 1946.

A Modena viene fucilato un partigiano.(5)

 MERCOLEDI 18 OTTOBRE 1944

 L'eroico comportamento di un milite della Repubblica Sociale Italiana, probabilmente il nominativo del caduto segnato nel giorno precedente, viene involontariamente sottolineato dalla storiografia partigiana. Riportiamo questo episodio raccontato dalla parte resistenziale senza avere la controprova della parte fascista.

Si racconta dunque, che un gruppo di partigiani travestiti da militi della Wermacht e coadiuvati da alcuni tedeschi fatti prigionieri, cercò, di trarre in inganno il presidio della GNR in località Noce di Montagnana, facendosi ospitare all'ora di cena, con la scusante che il loro automezzo si era rotto, chiedendo così aiuto a quel presidio:

"Tutto si svolse bene, salvo che nella notte, quando i tedeschi e i republichini erano andati a dormire, il Bazzani (dorando) tentò di far prigioniera la sentinella senza fare rumore, fece entrare da una cantina un gruppo di partigiani ai quali aveva fatto togliere le scarpe e lentamente salirono le scale per raggiungere il pianerottolo dove era la sentinella. Questa però, forse insospettita, non si arrese, non volle scendere all'invito del Bazzani che chiedeva dove era l'acqua da bere, per cui all'avvicinarsi dei partigiani aperse il fuoco.

I partigiani uccisero la sentinella, spararono nelle stanze dove erano i repubblichini ma poi dovettero andarsene subito poichè sulla strada "Giardini" transitavano continuamente delle colonne di truppe tedesche."(35)

 

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Aggiornato il: 29-08-04